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LESSICOME – Conferenze e Titoli da buttare

Non potremo mai sconfiggere la burocrazia. Con il suo potere devastante ci tiene tutti sottomessi e influisce perfino sul nostro modo di parlare, introducendo sempre nuove storture nella nostra amata lingua, sciocchezze che divengono subito luogo comune.

Prendete per esempio il gergo dello smaltimento dei rifiuti, che ormai è generalmente definito raccolta differenziata. Sembra un’espressione innocua, ma differenziare significa propriamente “rendere diverso”, cioè agire per creare una differenza. Come tutti sanno, una bottiglia di vetro e una di plastica sono già diverse da quando sono bottiglie. Non interveniamo affatto sulla loro composizione chimica quando scegliamo in che campana buttarle.

Buttarle, non conferirle. Perché nel verbo conferire (cum + ferre, portare con) è insito il concetto di unire ad altro, un significato inutilmente vago. Unire ad altro simile oppure dissimile? Se conferisco vetro e plastica potrei mischiarli, così saremmo daccapo. Il punto di vista del cittadino è che quel vetro e quella plastica sono rifiuti, perciò li butta in appositi bidoni che, per le dimensioni o per la forma, sono chiamati cassonetti o campane. Se lo considero importante, perché il modo di smaltire i rifiuti è anche una questione culturale, li butto, separandoli, in contenitori diversi.

A proposito del punto di vista: la parola inondazione sembra scomparsa da anni, sostituita da esondazione. Poco male, mi direte. Ma la prima parola significa che terre solitamente asciutte sono invase dall’acqua di un fiume o di un torrente, per cause naturali o per intervento umano come nel caso dei laghi artificiali, mentre la seconda indica l’uscita dell’acqua dall’alveo.

Nel primo caso il punto di vista è quello umano, mentre nel secondo il punto di vista è quello del fiume. Probabilmente succede spesso che un rio esondi nella foresta amazzonica, ma non credo che faccia notizia. Se io, uscendo di casa, mi bagno fino alle ginocchia, questa inondazione è importante. Che me ne frega, scusate, del punto di vista del fiume?

Ma lo spostamento del punto di vista è una tattica ipnotica comunemente adottata dai manipolatori della lingua: se il punto di vista è più lontano, il fenomeno è meno pericoloso.

Tornando ai rifiuti: se sono un contadino, o se ho un giardino, posso scegliere di accumulare i rifiuti organici per produrre concime. Questa pratica si chiama compostaggio, dal termine inglese compost. Si sa che abbiamo sempre da imparare dagli inglesi; arrivano prima di noi, non c’è niente da fare.

Ma in italiano esiste, almeno dal 1310, la parola composta, che non è solo una conserva di frutta, ma è proprio quello che gli inglesi chiamano compost. Può darsi che gli inglesi fossero più avanti anche nel ‘300, ma è lecito nutrire dubbi.

Anche l’abuso della lingua inglese, come il latino della messa di un tempo e i gerghi tecnici in genere, è funzionale al potere, perché con l’allontanamento dal linguaggio comune provoca un effetto di straniamento, portando l’interlocutore a sentirsi estraneo e inferiore. Nei “Promessi sposi” ne fanno uso don Abbondio e Azzeccagarbugli, usando quel latino che Renzo, per disprezzo, definisce giustamente “latinorum”.

Per concludere sorvolo, perché è anche un argomento noioso, sugli obbrobri della burocrazia giuridica, amministrativa e fiscale, per concentrarmi invece sui trasporti urbani.

Quando le aziende, a Genova l’Amt, decisero di incrementare la disoccupazione sostituendo i bigliettai, solitamente umani e bonari, con fredde macchinette, scelsero di dare al malefico congegno il nome di obliteratrice, parola non molto recente ma utilizzata in passato solo in ambiti ristretti.

Che cosa fa una macchina obliteratrice? Di fatto timbra un biglietto, né più né meno. Dal 1973, quando ancora esistevano i bigliettai, è in uso nell’italiano la parola timbratrice, assai più comprensibile.

Dal bigliettaio passiamo adesso al controllore, che, come mi è capitato di dire in un vecchio articolo, era un personaggio autorevole e degno di rispetto. Un controllore controlla un po’ tutto e agisce secondo il suo giudizio. Il verificatore titoli di viaggio, come è oscenamente definito oggi, almeno a Genova, privato perfino della preposizione di o dei, a cui avrebbe naturalmente diritto, sarà anche un pubblico ufficiale come è scritto in certi minacciosi cartelli, ma è ridotto a una sola funzione, senza l’esercizio del senso critico, perché verificare è un’azione semplice che potrebbe essere svolta da una macchina.

Ma poi: che cos’è un titolo di viaggio? Se lo chiedete a me, vedo nella mente la copertina di un libro della mia infanzia: “Il giro del mondo in 80 giorni”.

80giorni1
Troppo vecchio per essere quello della mia infanzia, questo volume è, mi pare, la terza edizione in Italia del libro di Jules Verne

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